TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           Sezione Seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  Ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2453 del 2015, proposto da: 
      Soc  B  Plus   Giocolegale   Ltd,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa  dall'avv.  Angelo
Clarizia, con domicilio eletto presso il  suo  studio  in  Roma,  via
Principessa Clotilde n. 2; 
    Contro  Agenzia  delle   Dogane   e   dei   Monopoli,   Ministero
dell'economia e delle finanze, in persona dei  legali  rappresentanti
pro tempore, rappresentati e difesi  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti di Soc Sisal Entertainment Spa, Soc Magic Games Sas
di A Malfatti e M della Seta & C; 
 
                        e con l'intervento di 
 
    ad opponendum: 
      Codacons, in persona del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Rienzi e  Gino  Giuliano,
con domicilio eletto presso l'Ufficio Legale  Nazionale  Codacons  in
Roma, viale Mazzini n. 73; 
    Per l'annullamento della determinazione dell'Agenzia delle Dogane
e dei Monopoli prot. 4076/RU del 15 gennaio 2015, che ha  determinato
per la ricorrente in € 83.619.053,60, in  applicazione  dell'art.  1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014, il versamento  da  effettuare
nell'anno 2015, previa disapplicazione diretta per contrasto  con  il
diritto europeo dell'art. 1, comma 649,  legge  n.  190  del  2014  o
previa  rimessione  alla  Corte  Costituzionale   o   previo   rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale
dello Stato; 
    Visto l'atto di intervento ad opponendum del Codacons; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  21  ottobre  2015  il
dott. Roberto Caponigro  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 
      1. La Societa' ricorrente e' concessionaria dell'Agenzia  delle
dogane e dei monopoli per l'attivazione  e  la  conduzione  operativa
della rete per la  gestione  telematica  del  gioco  lecito  mediante
apparecchi da divertimento ed intrattenimento nonche' delle attivita'
e funzioni connesse. 
    Nel premettere che il Prefetto  di  Roma,  con  ordinanza  del  7
agosto 2014, ha disposto,  ai  sensi  dell'art.  32,  comma  10,  del
decreto legge n.  90  del  2014,  la  misura  della  straordinaria  e
temporanea  gestione  delle  attivita'   d'impresa   in   regime   di
concessione  per  l'esercizio  del  gioco   pubblico   svolte   dalla
ricorrente, B Plus ha segnalato che la sua posizione sul  mercato  e'
caratterizzata da due fattori fondamentali: i) la filiera lunga degli
operatori (gestore ed esercente); ii) il core business della  stabile
organizzazione italiana che, a differenza di altri concessionari,  e'
rappresentato esclusivamente dalla gestione del  gioco  delle  AWP  e
delle VLT. 
    L'impugnato decreto  direttoriale  dell'Agenzia  dei  monopoli  e
delle dogane del 15 gennaio 2015 ha  attuato  le  previsioni  di  cui
all'art. 1, comma 649, della legge n. 190  del  2014,  stabilendo  la
ripartizione per concessionario del versamento annuale di 500 milioni
di euro a carico dei concessionari  e  degli  altri  operatori  della
filiera e determinando in € 83.619.053,60 la  quota  a  carico  di  B
Plus. 
    Di talche', la  Societa'  interessata  ha  proposto  il  presente
ricorso deducendo analitici vizi dell'impugnato decreto  direttoriale
in via derivata in quanto applicativo dell'art. 1, comma  649,  legge
n. 190 del 2014 costituzionalmente illegittimo per  violazione  degli
artt. 2, 3, 23, 41, 53 e 97 Cost. e per violazione degli artt. 106  e
107 del Trattato sul Funzionamento  dell'Unione  europea  e  di  ogni
norma e principio di diritto europeo a tutela della concorrenza. 
    B Plus ha altresi' dedotto l'illegittimita' della norma di  legge
applicata in quanto inciderebbe irragionevolmente sui ruoli  e  sulle
responsabilita' degli attori della filiera alterandone gli  equilibri
e imponendo un nuovo modello di gestione dei flussi finanziari legati
alla raccolta delle  «somme  residue»  nonche'  l'illegittimita'  del
decreto direttoriale impugnato per vizi propri in quanto inficiato da
difetto di istruttoria ed errore nei presupposti. 
    L'Avvocatura Generale dello  Stato,  con  analitica  memoria,  ha
contestato la fondatezza delle argomentazioni prospettate concludendo
per il rigetto del ricorso. 
    Il   Codacons,    diffondendosi    ampiamente    sulla    propria
legittimazione  ed  il  proprio  interesse  nella  controversia,   e'
intervenuto nel giudizio ad opponendum. 
    L'istanza cautelare e' stata respinta  con  ordinanza  di  questa
Sezione 2 aprile 2015 n. 1473 per le seguenti ragioni: 
      «Considerato  che  -  nel  contemperamento   dei   contrapposti
interessi - le esigenze cautelari addotte dalla  societa'  ricorrente
non giustificano la concessione della richiesta tutela  cautelare  in
quanto: 
        A)  l'importo  del  versamento  da   effettuare,   da   parte
dell'intera filiera del gioco legale, alla data del 30  aprile  2015,
ammonta a 200 mln di euro; 
        B) non  appare  compiutamente  dimostrato  che,  ottemperando
tutti i soggetti della filiera a quanto  disposto  dal  provvedimento
impugnato e dall'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014,
sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della  decisione  del
merito del ricorso, per la quale - tenuto conto della rilevanza degli
interessi dell'Erario e di tutti  gli  operatori  della  filiera  del
gioco legale - si ritiene di  fissare  la  pubblica  udienza  del  1°
luglio 2015». 
    Con successiva ordinanza 20 luglio 2015, n. 9752, questa  Sezione
ha cosi' disposto: 
      «Visto che l'art. 1, comma 649, della legge  n.  190  del  2014
(legge di stabilita' 2015), a fini di concorso al miglioramento degli
obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione  del  piu'  organico
riordino  della  misura  degli  aggi  e  dei  compensi  spettanti  ai
concessionari e agli altri operatori  di  filiera  nell'ambito  delle
reti di raccolta del gioco  per  conto  dello  Stato,  in  attuazione
dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n.  23,
ha stabilito in 500 milioni di euro su base  annua  la  riduzione,  a
decorrere dall'anno 2015, delle risorse  statali  a  disposizione,  a
titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo  le
rispettive competenze, operano nella gestione e  raccolta  del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo
unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; 
      Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera  c),  della
legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati; 
      Visto che  l'impugnato  DM  dell'Agenzia  delle  Dogane  e  dei
Monopoli  del  15  gennaio  2015,  ha  determinato,  ai  fini   della
ripartizione del versamento del detto importo di 500 milioni di euro,
il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e
b), del r.d. n. 773 del 1931, e successive modificazioni,  riferibili
a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre 2014, provvedendo
a ripartire il versamento annuale in maniera proporzionale al  numero
di apparecchi riferibili a ciascun concessionario; 
      Rilevato  che  la  citata  norma  introdotta  dalla  legge   di
stabilita' 2015 e' destinata ad incidere sui margini di  redditivita'
derivanti dallo svolgimento delle attivita' affidate ai concessionari
con le convenzioni  di  concessione  stipulate  con  l'Agenzia  delle
Dogane e dei Monopoli; 
      Rilevato che l'Avvocatura Generale dello Stato,  nella  propria
memoria  difensiva,  ha  rappresentato  che,  nel  2013,   le   somme
disponibili per compensi alla filiera di gioco mediante apparecchi da
divertimento  ed  intrattenimento,  compresi  i  concessionari,  sono
risultate di poco inferiore  ai  5  miliardi  di  euro,  attestandosi
attorno al 10% della raccolta (47,8 miliardi di  euro),  mentre,  nel
2014,  le  somme  restituite  alla  filiera  si  sono   incrementate,
attestandosi a circa 6 miliardi di euro, pari al 12% della  raccolta,
per cui la riduzione  di  tali  somme,  individuate  dalla  legge  di
stabilita'  2015  in  500  milioni  di  euro,  avrebbe  una   portata
equivalente  all'1,06%  della  raccolta  di  gioco  ed  all'8,3%  dei
compensi della filiera; 
      Rilevato che quanto rappresentato dall'Avvocatura  dello  Stato
sembra misurare l'incidenza dell'intervento  legislativo  sui  ricavi
netti delle vendite e delle prestazioni dei soggetti  della  filiera,
vale a dire sulla differenza tra le  poste  di  gioco  e  le  vincite
pagate, nonche' le imposte ed altri oneri dovuti allo Stato; 
      Ritenuto necessario,  ai  fini  del  decidere,  individuare  il
livello di incidenza dell'intervento legislativo  anche  sugli  altri
margini di redditivita' dell'impresa; 
    Ritenuto   necessario,   di   conseguenza,   disporre   che    il
concessionario ricorrente depositi in giudizio: 
      copia del conto economico relativo al bilancio al  31  dicembre
2013 e copia del conto economico relativo al bilancio al 31  dicembre
2014, ove approvato dall'Assemblea  ordinaria,  accompagnato  da  una
tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del  valore  aggiunto
(intendendosi per tale il valore della produzione al netto del  costo
delle materie prime consumate e del costo dei servizi  esterni  e  di
altri eventuali costi  di  gestione),  del  margine  operativo  lordo
(intendendosi per tale il valore aggiunto  al  netto  del  costo  del
lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale  il  margine
operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli  accantonamenti
della gestione tipica); 
      una   tabella   riassuntiva   dei   compensi   complessivamente
riconosciuti negli anni  2013  e  2014  agli  altri  operatori  della
propria filiera, con espressa indicazione circa l'appostazione  degli
stessi nel conto  economico  tra  i  costi  della  produzione  e,  in
particolare, tra i costi per servizi o in altra voce; 
    Ritenuto altresi' di disporre che l'Agenzia delle  Dogane  e  dei
Monopoli depositi in giudizio una dettagliata relazione,  per  quanto
di propria conoscenza, in ordine all'aggregazione dei  suddetti  dati
richiesti al  concessionario  ricorrente  per  l'intero  settore  dei
giochi in discorso, nonche' comprensiva di ogni  ulteriore  eventuale
chiarimento sull'incidenza dell'intervento legislativo sui margini di
redditivita' delle imprese del settore; 
    Ritenuto che detta documentazione dovra' essere depositata presso
la Segreteria della Sezione entro il termine di  venti  giorni  dalla
comunicazione in via amministrativa o  notificazione,  se  anteriore,
della presente ordinanza; 
    Ritenuto di fissare l'udienza pubblica del 21  ottobre  2015  per
l'ulteriore trattazione della controversia». 
    Le parti  hanno  prodotto  ulteriori  memorie  a  sostegno  delle
rispettive ragioni. 
    La causa e' stata trattenuta in  decisione  all'udienza  pubblica
del 21 ottobre 2015. 
    2. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce  l'offerta  del
gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di
cui all'art. 110, comma  6,  del  TULPS  ed  a  tal  fine  seleziona,
attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in
concessione la realizzazione e conduzione della rete per la  gestione
telematica del gioco. 
    I  concessionari,  che  hanno  sottoscritto  una  convenzione  di
concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. 
    Gli apparecchi da divertimento  e  intrattenimento  sono  di  due
tipi: le Amusement With Prizes (AWP)  e  le  Video  Lottery  Terminal
(VLT). 
    Le AWP sono  apparecchi  che  vengono  installati  principalmente
presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio,  i  bar  e  le
rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed  operano  con  una
posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima  di
100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati
da operatori  terzi,  i  cc.dd.  «gestori»,  che  si  occupano  anche
dell'installazione  e  della  manutenzione  presso  gli  «esercenti»,
titolari di esercizi commerciali dotati di  specifica  autorizzazione
ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori
o con i concessionari. 
    Nella filiera del  comparto  delle  VLT,  invece,  e'  di  solito
assente il gestore perche' gli apparecchi sono  forniti  direttamente
dal  concessionario,  che  si  prende  carico  dell'intera   gestione
operativa degli stessi. La posta di gioco con le  VLT  e'  consentita
fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino  a  5.000
euro. 
    I rapporti tra lo Stato  ed  i  concessionari  sono  regolati  da
apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed
esercenti sono regolati da contratti  di  diritto  privato,  che  non
rispondono a modelli tipo  redatti  o  approvati  dall'Agenzia  delle
Dogane e dei Monopoli. 
    Il compenso  spettante  ai  concessionari  e'  calcolato  in  via
residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: 
      le  vincite  pagate  ai  giocatori  (che  non  possono   essere
inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e  all'85%  per  le
VLT); 
      gli importi dovuti agli altri operatori della filiera,  gestori
ed esercenti, sulla base dei contratti di  diritto  privato  con  gli
stessi stipulati; 
      gli importi dovuti all'Agenzia delle  Dogane  e  dei  Monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
      gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, d.l. n. 269 del 2013, convertito con legge n.
326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del  2005,
attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5%
delle giocate per gli apparecchi VLT. 
    La remunerazione  dei  concessionari  e  dell'intera  filiera  di
gestori  ed  esercenti  che  ad  essi  fa  capo,   quindi,   proviene
dall'insieme delle giocate ed e' carico  dello  Stato  in  quanto  il
denaro, una volta inserito  nell'apparecchio  da  gioco,  diviene  di
proprieta' dello Stato. 
    3. L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato il Governo ad
attuare «il riordino delle disposizioni vigenti in materia di  giochi
pubblici, riordinando tutte le norme in vigore  in  un  codice  delle
disposizioni sui giochi,  fermo  restando  il  modello  organizzativo
fondato  sul  regime  concessorio   e   autorizzatorio,   in   quanto
indispensabile  per  la  tutela  della  fede,  dell'ordine  e   della
sicurezza pubblici, per il contemperamento degli  interessi  erariali
con quelli  locali  e  con  quelli  generali  in  materia  di  salute
pubblica,  per  la  prevenzione  del  riciclaggio  dei  proventi   di
attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare  afflusso  del
prelievo tributario gravante sui giochi». 
    Tra i principi e criteri direttivi cui dovra'  essere  improntato
il riordino, la lett. g) del  secondo  comma  prevede  la  «revisione
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai  volumi  di
raccolta delle giocate». 
    L'art. 1, comma 649, della  legge  n.  190  del  2014  (legge  di
stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: 
      «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza
pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino  della  misura
degli aggi e dei compensi spettanti ai  concessionari  e  agli  altri
operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per
conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2,  lettera  g),
della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro
su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse
statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei
soggetti  che,  secondo  le  rispettive  competenze,  operano   nella
gestione e raccolta del gioco praticato mediante  apparecchi  di  cui
all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui  al  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: 
        a) ai concessionari e' versato dagli operatori della  filiera
l'intero ammontare della raccolta  del  gioco  praticato  mediante  i
predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate.  I  concessionari
comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli
operatori di filiera che non effettuano  tale  versamento,  anche  ai
fini dell'eventuale  successiva  denuncia  all'autorita'  giudiziaria
competente; 
        b) i concessionari, nell'esercizio delle  funzioni  pubbliche
loro  attribuite,  in  aggiunta   a   quanto   versato   allo   Stato
ordinariamente,  a  titolo  di  imposte  ed  altri  oneri  dovuti   a
legislazione vigente e sulla base delle convenzioni  di  concessione,
versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i
mesi di  aprile  e  di  ottobre  di  ogni  anno,  ciascuno  in  quota
proporzionale al numero di apparecchi ad essi  riferibili  alla  data
del 31 dicembre 2014. Con provvedimento  del  direttore  dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli,  adottato  entro  il  15  gennaio  2015,
previa ricognizione, sono stabiliti il numero  degli  apparecchi  ...
riferibili  a  ciascun  concessionario,  nonche'  le   modalita'   di
effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si  provvede,
a  decorrere   dall'anno   2016,   previa   periodica   ricognizione,
all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; 
        c) i concessionari, nell'esercizio delle  funzioni  pubbliche
loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di  filiera  le
somme residue,  disponibili  per  aggi  e  compensi,  rinegoziando  i
relativi  contratti  e  versando   gli   aggi   e   compensi   dovuti
esclusivamente  a   fronte   della   sottoscrizione   dei   contratti
rinegoziati». 
    L'Agenzia delle dogane e dei monopoli,  con  l'impugnato  decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015,  ai  fini  della  ripartizione  del
versamento  dell'anzidetto  importo  di  500  milioni  di  euro,   ha
individuato  il  numero  degli  apparecchi   riferibile   a   ciascun
concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui  ha  ripartito
in  maniera  proporzionale  il  versamento  a   carico   di   ciascun
concessionario (alla Societa' ricorrente, per  un  totale  di  69.263
apparecchi  riferibili,  e'  stata  imposta  una  quota  annuale   di
versamento di € 83.619.053,60), stabilendo che ciascun concessionario
effettua il versamento nella misura del 40% entro il 30 aprile 2015 e
per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. 
    Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge  la
cui legittimita' costituzionale e'  in  questa  sede  contestata,  il
compenso spettante ai concessionari e' ora calcolato in  via  residua
sottraendo al totale delle somme  raccolte  non  soltanto  quanto  in
precedenza esposto, vale a dire 
      le  vincite  pagate  ai  giocatori  (che  non  possono   essere
inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e  all'85%  per  le
VLT); 
      gli importi dovuti agli altri operatori della filiera,  gestori
ed esercenti, sulla base dei contratti di  diritto  privato  con  gli
stessi stipulati; 
      gli importi dovuti all'Agenzia delle  Dogane  e  dei  Monopoli,
principalmente a titolo di canone di concessione; 
      gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai  sensi
dell'art. 39, comma 13, d.l. n. 269 del 2013, convertito con legge n.
326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del  2005,
attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5%
per gli apparecchi VLT 
    ma anche: 
      il versamento dovuto allo Stato ai  sensi  dell'art.  1,  comma
649, lett. b), della legge n. 190 del 2014 (legge di  stabilita'  per
il 2015). 
    4. Il Collegio ritiene che sia  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 649, della legge n. 190 del 2014. 
    4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della
decisione  della   controversia   in   quanto   l'impugnato   decreto
direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio  di
un potere del tutto  vincolato  e,  in  particolare,  nella  doverosa
applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la  definizione
del presente  giudizio  discende  inevitabilmente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale. 
    4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della  decisione
della controversia, non e' manifestamente infondata alla  luce  degli
insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. 
    La Corte, con sentenza n. 92 del 22  maggio  2013,  ha  giudicato
costituzionalmente  illegittimo,  per  violazione  del  principio  di
ragionevolezza, l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10 del  decreto  legge  n.
269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 nella  parte  in
cui determina effetti retroattivi in peius sul  regime  dei  compensi
spettanti  ai  custodi  di  veicoli  sottoposti  a  sequestro,  fermo
amministrativo e confisca. 
    In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato  che
la ragionevolezza complessiva della trasformazione  alla  quale  sono
stati assoggettati i rapporti negoziali deve «essere  apprezzata  nel
quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli  interessi
- tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro  di
cui all'art. 3 Cost. -  che  risultano  nella  specie  coinvolti;  ad
evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della  finanza
pubblica   possa   risultare,   sempre   e    comunque,    e    quasi
pregiudizialmente, legittimata a  determinare  la  compromissione  di
diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi,  sia
individuali, sia anche collettivi». 
    La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato
non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli  artt.  3,
41, comma primo, e 42,  terzo  comma,  Cost.;  tali  norme  prevedono
l'aggiornamento dello  schema  tipo  di  convenzione  accessiva  alle
concessioni per l'esercizio e la  raccolta  non  a  distanza,  ovvero
comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo  che  i
concessionari siano dotati dei nuovi «requisiti» e accettino i  nuovi
«obblighi» prescritti, rispettivamente, nelle lettere  a)  e  b)  del
comma 78, e  che  i  contenuti  delle  convenzioni  in  essere  siano
adeguati agli «obblighi» di cui sopra. 
    La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per  il  2011),  in
particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia  di
plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la  pubblica  fede,
l'ordine pubblico  e  la  sicurezza,  la  salute  dei  giocatori,  la
protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu'  deboli,
la protezione degli  interessi  erariali  relativamente  ai  proventi
pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse,  sia  i  nuovi
concessionari,  sia  i  titolari  delle  concessioni  in  corso  sono
assoggettati a nuovi «obblighi», in prevalenza di natura  gestionale,
diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta
la durata del rapporto ed  a  questi  si  affiancano  «obblighi»  che
concorrono alla protezione  dei  consumatori  e  alla  riduzione  dei
rischi  connessi  al  gioco  o  che  introducono  clausole  penali  e
meccanismi diretti a rendere effettive le cause  di  decadenza  della
concessione.  Sono  infine  previsti   «obblighi»   di   prosecuzione
interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di  devoluzione
all'amministrazione  concedente,  su  sua   richiesta,   della   rete
infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco  dopo  la  scadenza
del rapporto. 
    Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che  «il  valore  del
legittimo affidamento riposto nella  sicurezza  giuridica  trova  si'
copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non  gia'  in  termini
assoluti  ed  inderogabili.  Per  un  verso,  infatti,  la  posizione
giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza
nel tempo  di  un  determinato  assetto  regolatorio  deve  risultare
adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per  un  periodo
sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico
sostanziale atto a  far  sorgere  nel  destinatario  una  ragionevole
fiducia nel suo mantenimento. Per  altro  verso,  interessi  pubblici
sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a  incidere
peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico  limite
della proporzionalita'  dell'incisione  rispetto  agli  obiettivi  di
interesse pubblico». 
    Ne consegue che «non e'  affatto  interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti,  unica  condizione  essendo  che  tali   disposizioni   non
trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo  a
situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti,  l'affidamento
dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento
fondamentale dello Stato di diritto». 
    Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati  sono
individuabili nella necessita', a fronte della profonda e  perdurante
crisi finanziaria che ha  progressivamente  colpito  anche  lo  Stato
italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza  pubblica
da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del  gioco
praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6,  T.U.  n.
773 del 1931. 
    Al fine di valutare  il  superamento  o  meno  del  limite  della
proporzionalita' rispetto agli obiettivi di  interesse  pubblico,  la
Sezione, con ordinanza del 20 luglio  2015,  ha  disposto  incombenti
istruttori a carico delle parti per individuare, in linea di massima,
in che misura la riduzione del  compenso  di  500  milioni  a  carico
dell'intera filiera incida sui margini di redditivita' della  singola
impresa. 
    La Societa' ricorrente ha depositato copia  dei  conti  economici
relativi ai bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31  dicembre  2014,  con
una tabella riassuntiva,  per  ciascuno  dei  due  anni,  del  valore
aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione  al  netto
del costo delle materie prime  consumate  e  del  costo  dei  servizi
esterni  e  di  altri  eventuali  costi  di  gestione),  del  margine
operativo lordo (intendendosi per tale il valore  aggiunto  al  netto
del costo del lavoro) e del  risultato  operativo  (intendendosi  per
tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti  e  degli
accantonamenti della gestione tipica)  nonche'  con  indicazione  dei
compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013  e  2014  agli
altri operatori della propria filiera. 
    Dalle tabelle riepilogative, e' emerso che: 
      con riferimento al 31 dicembre  2013,  il  valore  aggiunto  e'
stato pari ad € 68.659.525, il margine operativo lordo e' stato  pari
ad €  60.733.983  ed  il  risultato  operativo  e'  stato  pari  ad €
47.421.098; il totale dei compensi  riconosciuti  agli  operatori  di
filiera, classificati al conto economico in «costi per  servizi»,  e'
stato pari ad € 635.093.841; 
      con riferimento al 31 dicembre  2014,  il  valore  aggiunto  e'
stato pari ad € 64.455.127, il margine operativo lordo e' stato  pari
ad € 56.302.603  ed  il  risultato  operativo  e'  stato  pari  ad  €
43.145.730; il totale dei compensi  riconosciuti  agli  operatori  di
filiera, classificato al conto economico in «costi per  servizi»,  e'
stato pari ad € 589.092.140. 
    Il versamento, pertanto, e' destinato ad  incidere  sui  proventi
dell'intera filiera  facente  capo  al  concessionario  nella  misura
approssimativa di circa il 12,8% considerando  il  margine  operativo
lordo (13,1% considerando il risultato operativo) con riferimento  ai
risultati economici del 2013 e di  circa  il  13,9%  considerando  il
margine operativo lordo (14,2% considerando il  risultato  operativo)
con riferimento ai risultati economici del 2014. 
    L'incidenza della riduzione dei  compensi  per  €  83.619.053,60,
infatti, e' determinata dal rapporto tra tale importo e la somma  tra
il margine operativo lordo (o il risultato operativo se si preferisce
prendere questo valore come riferimento) e  il  totale  dei  compensi
riconosciuti dal concessionario agli operatori della propria  filiera
(dato rilevato al loro delle spese di gestione di questi  ultimi,  le
quali e' possibile presumere siano di importo tale  da  aumentare  il
livello dell'incidenza complessiva, ma non da modificarne l'ordine di
grandezza). 
    Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di  cui  all'art.  1,
comma 649, della legge di  stabilita'  per  il  2015  presenti  altri
profili che rendono la questione di legittimita'  costituzionale  non
manifestamente infondata in relazione agli artt. 3  e  41,  comma  1,
Cost. 
    Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza,  assurto  nella
giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite
immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. 
    Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo  tempo  caratterizzato
dalla necessaria individuazione di un termine di  raffronto  (tertium
comparationis) soltanto a fronte del quale  la  normativa  denunciata
puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si  e'
via via affrancato dal giudizio di comparazione  ed  e'  divenuto  un
canone autonomo. 
    L'autonomia  della  ragionevolezza  rispetto   al   giudizio   di
eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art.  3  Cost.  viene
evocato  congiuntamente  sotto  il  profilo   della   disparita'   di
trattamento e sotto il  profilo  della  ragionevolezza,  e  la  Corte
argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. 
    Il Collegio ritiene che la norma  contestata  presenti  dubbi  di
compatibilita' costituzionale con riferimento sia  al  profilo  della
disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. 
    Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo  luogo  considerato
che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata  anticipazione
del piu' organico riordino della misura degli  aggi  e  dei  compensi
spettanti  ai  concessionari  e  agli  altri  operatori  di   filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto  dello  Stato,
in attuazione dell'art. 14, comma 2, lett. g), della legge n. 23  del
2014. 
    Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art.
14, comma 2, lett.  g),  della  legge  n.  23  del  2014  prevede  la
revisione degli aggi e compensi spettanti  ai  concessionari  e  agli
altri operatori «secondo un  criterio  di  progressivita'  legata  ai
volumi di raccolta delle  giocate»,  la  norma  in  contestazione  ha
previsto la riduzione dei compensi in «quota proporzionale» al numero
di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del  31  dicembre
2014. 
    Ne consegue che, sebbene sia stato  fatto  specifico  riferimento
alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi
secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi  di  raccolta
delle  giocate»,  il  criterio  introdotto  per   ripartire   tra   i
concessionari l'importo totale di € 500 milioni e' legato non  ad  un
dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate,  ma  ad  un
dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti  e  riferibili  a
ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di  ricognizione
successiva. 
    Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea
ad indurre il sospetto che la norma di cui  all'art.  1,  comma  649,
della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il  principio
di ragionevolezza che quello di uguaglianza. 
    Premessa,  infatti,  la   contraddittorieta'   intrinseca   della
disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne
discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure
soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi  riferibile
a ciascun concessionario ad una  certa  data,  anziche'  ad  un  dato
dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita'
di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e'
misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli
importi incassati  che  dal  numero  degli  apparecchi  riferibile  a
ciascun soggetto. 
    Il criterio individuato,  in  altri  termini,  postula  che  ogni
apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare  del
tutto implausibile. 
    Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra  violare
il principio di uguaglianza in  quanto,  essendo  il  riferimento  al
numero  di  apparecchi  riferibile  a  ciascun   concessionario   non
compiutamente indicativo dei  margini  di  reddito  conseguiti  dallo
stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe  andare
a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un
maggior volume di giocate ed  a  detrimento  degli  operatori  i  cui
apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. 
    La previsione normativa, in  sostanza,  sembra  avere  violato  i
canoni di ragionevolezza e  parita'  di  trattamento  presumendo,  in
maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la
stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende  da  una
molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo,  la  differenza  tra
AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la  strada  in
cui l'apparecchio e' situato nonche' la  sua  ubicazione  all'interno
del  locale)  che  rendono  implausibile  il  criterio   scelto   dal
legislatore. 
    La violazione del principio di ragionevolezza e  di  uguaglianza,
peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre
la legge delega  n.  23  del  2014  ha  previsto  il  riordino  delle
disposizioni vigenti in materia di giochi  pubblici  e,  quindi,  del
loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi
praticati mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, TU n. 773
del 1931 e, per l'effetto, e' destinata solo ad un segmento, sia pure
di enorme rilievo, al suo interno. 
    Va da se', inoltre, che la descritta  irragionevole  ripartizione
del  versamento  imposto  tra  i  concessionari   potrebbe   produrre
un'alterazione del libero gioco della  concorrenza  tra  gli  stessi,
favorendo quelli che, in presenza di una redditivita'  superiore  per
singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione  al  volume
di giocate raccolte, un importo minore,  per  cui  possono  destinare
maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu'  lato,  favorendo
gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi  da  quelli  in
discorso. 
    La questione di legittimita' costituzionale della  norma  di  cui
all'art. 1, comma 649,  della  legge  n.  190  del  2014  non  appare
manifestamente  infondata  anche  con  riferimento  alla   violazione
dell'art. 41, comma 1, Cost. che sancisce il  principio  di  liberta'
dell'iniziativa economica privata. 
    Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di
soggetti  privati  che,   nell'intraprendere   attivita'   d'impresa,
sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad  una
certa stabilita' nel tempo  del  rapporto  concessorio  gode  di  una
particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art.  3
Cost., ma anche all'art. 41 Cost. 
    In  particolare,  il  legittimo   affidamento   dell'imprenditore
implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative  non  finiscano
per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e  gli  investimenti
sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve  assumere
su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della  situazione
di fatto, non puo' dirsi  allo  stesso  modo  per  le  sopravvenienze
normative che incidono sulle condizioni  economiche  stabilite  nella
convenzione accessiva al rapporto concessorio. 
    Nel caso di specie, se, da un lato, il  versamento  imposto,  pur
incidendo significativamente sul sinallagma contrattuale, non  appare
prima facie violativo del richiamato «principio di  proporzionalita'»
scolpito nella sentenza n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione
in misura fissa e non variabile del  contributo  imposto,  in  quanto
destinato ad operare a tempo indeterminato,  potrebbe  potenzialmente
produrre un peso insostenibile per gli operatori della filiera ove  i
margini  di  redditivita'  della  stessa  dovessero  consistentemente
ridursi. 
    In altri termini, se con riferimento ai dati del conto  economico
2014, il versamento  imposto  alla  ricorrente,  pur  costituendo  un
significativo «taglio» alla sua capacita' di reddito, non appare tale
da  violare  il  «principio  di  proporzionalita'»  in  un'ottica  di
bilanciamento tra  interessi  costituzionalmente  rilevanti,  non  e'
possibile  escludere  che,  ove  i  volumi  delle  giocate   raccolte
dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione  del  versamento
in misura fissa e non  variabile,  come  funzione  del  volume  delle
giocate,  potrebbe  determinare   un   reale   stravolgimento   delle
condizioni  economiche  pattuite  in  convenzione   con   conseguente
eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed  i
relativi operatori di filiera. 
    Parimenti irragionevoli e lesive  della  liberta'  di  iniziativa
economica dell'impresa si rilevano  le  previsioni,  contenute  nelle
lett. a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della legge di
stabilita' per il 2015, secondo  cui  «ai  concessionari  e'  versato
dagli operatori di filiera  l'intero  ammontare  della  raccolta  del
gioco praticato  mediante  i  predetti  apparecchi,  al  netto  delle
vincite pagate» e «i  concessionari,  nell'esercizio  delle  funzioni
pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli  altri  operatori  di
filiera  le  somme  residue,  disponibili  per   aggi   e   compensi,
rinegoziando i relativi contratti e  versando  gli  aggi  e  compensi
dovuti esclusivamente a fronte  della  sottoscrizione  dei  contratti
rinegoziati». 
    Tali disposizioni appaiono idonee a  riflettersi  sulla  liberta'
contrattuale dei concessionari. 
    Per un verso, infatti, l'obbligo per gli operatori di filiera  di
versare l'intero ammontare della raccolta del gioco ai  concessionari
incide autoritativamente sui rapporti negoziali  di  diritto  privato
intrattenuti tra  i  detti  soggetti  esponendo  i  concessionari  al
rischio,  non  prevedibile  ab  origine,  del   mancato   adempimento
dell'obbligo degli operatori di filiera: mancato adempimento che  non
farebbe comunque venire meno l'obbligo del concessionario di  versare
allo Stato, nei termini  indicati,  l'importo,  concernente  l'intera
filiera, quantificato  nell'impugnato  decreto  direttoriale  del  15
gennaio 2015. 
    Per  altro  verso,  l'imposizione  di  una   rinegoziazione   dei
contratti appare incompatibile con la incomprimibile autonomia  delle
parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e  diverso  accordo
negoziale, laddove e'  verosimile  ritenere  che  per  realizzare  lo
stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente  stabilire  una  riduzione
«pro quota» ed  «a  cascata»  dei  compensi  spettanti  a  tutti  gli
operatori  di  filiera  senza  imporre  una  rinegoziazione  in   via
autoritativa. 
    5.  Per  tutte  le  ragioni  sopraesposte,  il  Collegio  ritiene
rilevante  ai  fini  della  decisione  della   controversia   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del  2014  per  violazione
degli artt. 3 e 41, primo comma, Cost., sicche' deve essere  disposta
la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione
del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione,  dell'art.  1
della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e dell'art. 23  della
legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.