TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione Seconda Ha pronunciato la presente Ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2453 del 2015, proposto da: Soc B Plus Giocolegale Ltd, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2; Contro Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Nei confronti di Soc Sisal Entertainment Spa, Soc Magic Games Sas di A Malfatti e M della Seta & C; e con l'intervento di ad opponendum: Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio eletto presso l'Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Mazzini n. 73; Per l'annullamento della determinazione dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prot. 4076/RU del 15 gennaio 2015, che ha determinato per la ricorrente in € 83.619.053,60, in applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, il versamento da effettuare nell'anno 2015, previa disapplicazione diretta per contrasto con il diritto europeo dell'art. 1, comma 649, legge n. 190 del 2014 o previa rimessione alla Corte Costituzionale o previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato; Visto l'atto di intervento ad opponendum del Codacons; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 1. La Societa' ricorrente e' concessionaria dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento nonche' delle attivita' e funzioni connesse. Nel premettere che il Prefetto di Roma, con ordinanza del 7 agosto 2014, ha disposto, ai sensi dell'art. 32, comma 10, del decreto legge n. 90 del 2014, la misura della straordinaria e temporanea gestione delle attivita' d'impresa in regime di concessione per l'esercizio del gioco pubblico svolte dalla ricorrente, B Plus ha segnalato che la sua posizione sul mercato e' caratterizzata da due fattori fondamentali: i) la filiera lunga degli operatori (gestore ed esercente); ii) il core business della stabile organizzazione italiana che, a differenza di altri concessionari, e' rappresentato esclusivamente dalla gestione del gioco delle AWP e delle VLT. L'impugnato decreto direttoriale dell'Agenzia dei monopoli e delle dogane del 15 gennaio 2015 ha attuato le previsioni di cui all'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, stabilendo la ripartizione per concessionario del versamento annuale di 500 milioni di euro a carico dei concessionari e degli altri operatori della filiera e determinando in € 83.619.053,60 la quota a carico di B Plus. Di talche', la Societa' interessata ha proposto il presente ricorso deducendo analitici vizi dell'impugnato decreto direttoriale in via derivata in quanto applicativo dell'art. 1, comma 649, legge n. 190 del 2014 costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 2, 3, 23, 41, 53 e 97 Cost. e per violazione degli artt. 106 e 107 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea e di ogni norma e principio di diritto europeo a tutela della concorrenza. B Plus ha altresi' dedotto l'illegittimita' della norma di legge applicata in quanto inciderebbe irragionevolmente sui ruoli e sulle responsabilita' degli attori della filiera alterandone gli equilibri e imponendo un nuovo modello di gestione dei flussi finanziari legati alla raccolta delle «somme residue» nonche' l'illegittimita' del decreto direttoriale impugnato per vizi propri in quanto inficiato da difetto di istruttoria ed errore nei presupposti. L'Avvocatura Generale dello Stato, con analitica memoria, ha contestato la fondatezza delle argomentazioni prospettate concludendo per il rigetto del ricorso. Il Codacons, diffondendosi ampiamente sulla propria legittimazione ed il proprio interesse nella controversia, e' intervenuto nel giudizio ad opponendum. L'istanza cautelare e' stata respinta con ordinanza di questa Sezione 2 aprile 2015 n. 1473 per le seguenti ragioni: «Considerato che - nel contemperamento dei contrapposti interessi - le esigenze cautelari addotte dalla societa' ricorrente non giustificano la concessione della richiesta tutela cautelare in quanto: A) l'importo del versamento da effettuare, da parte dell'intera filiera del gioco legale, alla data del 30 aprile 2015, ammonta a 200 mln di euro; B) non appare compiutamente dimostrato che, ottemperando tutti i soggetti della filiera a quanto disposto dal provvedimento impugnato e dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione del merito del ricorso, per la quale - tenuto conto della rilevanza degli interessi dell'Erario e di tutti gli operatori della filiera del gioco legale - si ritiene di fissare la pubblica udienza del 1° luglio 2015». Con successiva ordinanza 20 luglio 2015, n. 9752, questa Sezione ha cosi' disposto: «Visto che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' 2015), a fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, ha stabilito in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera c), della legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati; Visto che l'impugnato DM dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 15 gennaio 2015, ha determinato, ai fini della ripartizione del versamento del detto importo di 500 milioni di euro, il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e b), del r.d. n. 773 del 1931, e successive modificazioni, riferibili a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre 2014, provvedendo a ripartire il versamento annuale in maniera proporzionale al numero di apparecchi riferibili a ciascun concessionario; Rilevato che la citata norma introdotta dalla legge di stabilita' 2015 e' destinata ad incidere sui margini di redditivita' derivanti dallo svolgimento delle attivita' affidate ai concessionari con le convenzioni di concessione stipulate con l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; Rilevato che l'Avvocatura Generale dello Stato, nella propria memoria difensiva, ha rappresentato che, nel 2013, le somme disponibili per compensi alla filiera di gioco mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento, compresi i concessionari, sono risultate di poco inferiore ai 5 miliardi di euro, attestandosi attorno al 10% della raccolta (47,8 miliardi di euro), mentre, nel 2014, le somme restituite alla filiera si sono incrementate, attestandosi a circa 6 miliardi di euro, pari al 12% della raccolta, per cui la riduzione di tali somme, individuate dalla legge di stabilita' 2015 in 500 milioni di euro, avrebbe una portata equivalente all'1,06% della raccolta di gioco ed all'8,3% dei compensi della filiera; Rilevato che quanto rappresentato dall'Avvocatura dello Stato sembra misurare l'incidenza dell'intervento legislativo sui ricavi netti delle vendite e delle prestazioni dei soggetti della filiera, vale a dire sulla differenza tra le poste di gioco e le vincite pagate, nonche' le imposte ed altri oneri dovuti allo Stato; Ritenuto necessario, ai fini del decidere, individuare il livello di incidenza dell'intervento legislativo anche sugli altri margini di redditivita' dell'impresa; Ritenuto necessario, di conseguenza, disporre che il concessionario ricorrente depositi in giudizio: copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre 2013 e copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre 2014, ove approvato dall'Assemblea ordinaria, accompagnato da una tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica); una tabella riassuntiva dei compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013 e 2014 agli altri operatori della propria filiera, con espressa indicazione circa l'appostazione degli stessi nel conto economico tra i costi della produzione e, in particolare, tra i costi per servizi o in altra voce; Ritenuto altresi' di disporre che l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli depositi in giudizio una dettagliata relazione, per quanto di propria conoscenza, in ordine all'aggregazione dei suddetti dati richiesti al concessionario ricorrente per l'intero settore dei giochi in discorso, nonche' comprensiva di ogni ulteriore eventuale chiarimento sull'incidenza dell'intervento legislativo sui margini di redditivita' delle imprese del settore; Ritenuto che detta documentazione dovra' essere depositata presso la Segreteria della Sezione entro il termine di venti giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente ordinanza; Ritenuto di fissare l'udienza pubblica del 21 ottobre 2015 per l'ulteriore trattazione della controversia». Le parti hanno prodotto ulteriori memorie a sostegno delle rispettive ragioni. La causa e' stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 21 ottobre 2015. 2. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce l'offerta del gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS ed a tal fine seleziona, attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in concessione la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco. I concessionari, che hanno sottoscritto una convenzione di concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. Gli apparecchi da divertimento e intrattenimento sono di due tipi: le Amusement With Prizes (AWP) e le Video Lottery Terminal (VLT). Le AWP sono apparecchi che vengono installati principalmente presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio, i bar e le rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed operano con una posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima di 100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati da operatori terzi, i cc.dd. «gestori», che si occupano anche dell'installazione e della manutenzione presso gli «esercenti», titolari di esercizi commerciali dotati di specifica autorizzazione ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori o con i concessionari. Nella filiera del comparto delle VLT, invece, e' di solito assente il gestore perche' gli apparecchi sono forniti direttamente dal concessionario, che si prende carico dell'intera gestione operativa degli stessi. La posta di gioco con le VLT e' consentita fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino a 5.000 euro. I rapporti tra lo Stato ed i concessionari sono regolati da apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed esercenti sono regolati da contratti di diritto privato, che non rispondono a modelli tipo redatti o approvati dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Il compenso spettante ai concessionari e' calcolato in via residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi stipulati; gli importi dovuti all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, principalmente a titolo di canone di concessione; gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai sensi dell'art. 39, comma 13, d.l. n. 269 del 2013, convertito con legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% delle giocate per gli apparecchi VLT. La remunerazione dei concessionari e dell'intera filiera di gestori ed esercenti che ad essi fa capo, quindi, proviene dall'insieme delle giocate ed e' carico dello Stato in quanto il denaro, una volta inserito nell'apparecchio da gioco, diviene di proprieta' dello Stato. 3. L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato il Governo ad attuare «il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, in quanto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi». Tra i principi e criteri direttivi cui dovra' essere improntato il riordino, la lett. g) del secondo comma prevede la «revisione degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate». L'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: a) ai concessionari e' versato dagli operatori della filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente; b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi ... riferibili a ciascun concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015, ai fini della ripartizione del versamento dell'anzidetto importo di 500 milioni di euro, ha individuato il numero degli apparecchi riferibile a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui ha ripartito in maniera proporzionale il versamento a carico di ciascun concessionario (alla Societa' ricorrente, per un totale di 69.263 apparecchi riferibili, e' stata imposta una quota annuale di versamento di € 83.619.053,60), stabilendo che ciascun concessionario effettua il versamento nella misura del 40% entro il 30 aprile 2015 e per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge la cui legittimita' costituzionale e' in questa sede contestata, il compenso spettante ai concessionari e' ora calcolato in via residua sottraendo al totale delle somme raccolte non soltanto quanto in precedenza esposto, vale a dire le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi stipulati; gli importi dovuti all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, principalmente a titolo di canone di concessione; gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai sensi dell'art. 39, comma 13, d.l. n. 269 del 2013, convertito con legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT ma anche: il versamento dovuto allo Stato ai sensi dell'art. 1, comma 649, lett. b), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015). 4. Il Collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014. 4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della decisione della controversia in quanto l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio di un potere del tutto vincolato e, in particolare, nella doverosa applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. 4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, non e' manifestamente infondata alla luce degli insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. La Corte, con sentenza n. 92 del 22 maggio 2013, ha giudicato costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di ragionevolezza, l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 nella parte in cui determina effetti retroattivi in peius sul regime dei compensi spettanti ai custodi di veicoli sottoposti a sequestro, fermo amministrativo e confisca. In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato che la ragionevolezza complessiva della trasformazione alla quale sono stati assoggettati i rapporti negoziali deve «essere apprezzata nel quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi - tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro di cui all'art. 3 Cost. - che risultano nella specie coinvolti; ad evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica possa risultare, sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente, legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche collettivi». La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli artt. 3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost.; tali norme prevedono l'aggiornamento dello schema tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo che i concessionari siano dotati dei nuovi «requisiti» e accettino i nuovi «obblighi» prescritti, rispettivamente, nelle lettere a) e b) del comma 78, e che i contenuti delle convenzioni in essere siano adeguati agli «obblighi» di cui sopra. La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per il 2011), in particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia di plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la pubblica fede, l'ordine pubblico e la sicurezza, la salute dei giocatori, la protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu' deboli, la protezione degli interessi erariali relativamente ai proventi pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse, sia i nuovi concessionari, sia i titolari delle concessioni in corso sono assoggettati a nuovi «obblighi», in prevalenza di natura gestionale, diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta la durata del rapporto ed a questi si affiancano «obblighi» che concorrono alla protezione dei consumatori e alla riduzione dei rischi connessi al gioco o che introducono clausole penali e meccanismi diretti a rendere effettive le cause di decadenza della concessione. Sono infine previsti «obblighi» di prosecuzione interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di devoluzione all'amministrazione concedente, su sua richiesta, della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco dopo la scadenza del rapporto. Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che «il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova si' copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non gia' in termini assoluti ed inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico». Ne consegue che «non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto». Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati sono individuabili nella necessita', a fronte della profonda e perdurante crisi finanziaria che ha progressivamente colpito anche lo Stato italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza pubblica da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, T.U. n. 773 del 1931. Al fine di valutare il superamento o meno del limite della proporzionalita' rispetto agli obiettivi di interesse pubblico, la Sezione, con ordinanza del 20 luglio 2015, ha disposto incombenti istruttori a carico delle parti per individuare, in linea di massima, in che misura la riduzione del compenso di 500 milioni a carico dell'intera filiera incida sui margini di redditivita' della singola impresa. La Societa' ricorrente ha depositato copia dei conti economici relativi ai bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31 dicembre 2014, con una tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica) nonche' con indicazione dei compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013 e 2014 agli altri operatori della propria filiera. Dalle tabelle riepilogative, e' emerso che: con riferimento al 31 dicembre 2013, il valore aggiunto e' stato pari ad € 68.659.525, il margine operativo lordo e' stato pari ad € 60.733.983 ed il risultato operativo e' stato pari ad € 47.421.098; il totale dei compensi riconosciuti agli operatori di filiera, classificati al conto economico in «costi per servizi», e' stato pari ad € 635.093.841; con riferimento al 31 dicembre 2014, il valore aggiunto e' stato pari ad € 64.455.127, il margine operativo lordo e' stato pari ad € 56.302.603 ed il risultato operativo e' stato pari ad € 43.145.730; il totale dei compensi riconosciuti agli operatori di filiera, classificato al conto economico in «costi per servizi», e' stato pari ad € 589.092.140. Il versamento, pertanto, e' destinato ad incidere sui proventi dell'intera filiera facente capo al concessionario nella misura approssimativa di circa il 12,8% considerando il margine operativo lordo (13,1% considerando il risultato operativo) con riferimento ai risultati economici del 2013 e di circa il 13,9% considerando il margine operativo lordo (14,2% considerando il risultato operativo) con riferimento ai risultati economici del 2014. L'incidenza della riduzione dei compensi per € 83.619.053,60, infatti, e' determinata dal rapporto tra tale importo e la somma tra il margine operativo lordo (o il risultato operativo se si preferisce prendere questo valore come riferimento) e il totale dei compensi riconosciuti dal concessionario agli operatori della propria filiera (dato rilevato al loro delle spese di gestione di questi ultimi, le quali e' possibile presumere siano di importo tale da aumentare il livello dell'incidenza complessiva, ma non da modificarne l'ordine di grandezza). Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' per il 2015 presenti altri profili che rendono la questione di legittimita' costituzionale non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 41, comma 1, Cost. Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza, assurto nella giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo tempo caratterizzato dalla necessaria individuazione di un termine di raffronto (tertium comparationis) soltanto a fronte del quale la normativa denunciata puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si e' via via affrancato dal giudizio di comparazione ed e' divenuto un canone autonomo. L'autonomia della ragionevolezza rispetto al giudizio di eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art. 3 Cost. viene evocato congiuntamente sotto il profilo della disparita' di trattamento e sotto il profilo della ragionevolezza, e la Corte argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. Il Collegio ritiene che la norma contestata presenti dubbi di compatibilita' costituzionale con riferimento sia al profilo della disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo luogo considerato che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lett. g), della legge n. 23 del 2014. Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art. 14, comma 2, lett. g), della legge n. 23 del 2014 prevede la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», la norma in contestazione ha previsto la riduzione dei compensi in «quota proporzionale» al numero di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del 31 dicembre 2014. Ne consegue che, sebbene sia stato fatto specifico riferimento alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», il criterio introdotto per ripartire tra i concessionari l'importo totale di € 500 milioni e' legato non ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti e riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di ricognizione successiva. Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea ad indurre il sospetto che la norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il principio di ragionevolezza che quello di uguaglianza. Premessa, infatti, la contraddittorieta' intrinseca della disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario ad una certa data, anziche' ad un dato dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita' di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e' misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli importi incassati che dal numero degli apparecchi riferibile a ciascun soggetto. Il criterio individuato, in altri termini, postula che ogni apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare del tutto implausibile. Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra violare il principio di uguaglianza in quanto, essendo il riferimento al numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario non compiutamente indicativo dei margini di reddito conseguiti dallo stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe andare a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un maggior volume di giocate ed a detrimento degli operatori i cui apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. La previsione normativa, in sostanza, sembra avere violato i canoni di ragionevolezza e parita' di trattamento presumendo, in maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende da una molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo, la differenza tra AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la strada in cui l'apparecchio e' situato nonche' la sua ubicazione all'interno del locale) che rendono implausibile il criterio scelto dal legislatore. La violazione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre la legge delega n. 23 del 2014 ha previsto il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici e, quindi, del loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi praticati mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, TU n. 773 del 1931 e, per l'effetto, e' destinata solo ad un segmento, sia pure di enorme rilievo, al suo interno. Va da se', inoltre, che la descritta irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari potrebbe produrre un'alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che, in presenza di una redditivita' superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu' lato, favorendo gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli in discorso. La questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 non appare manifestamente infondata anche con riferimento alla violazione dell'art. 41, comma 1, Cost. che sancisce il principio di liberta' dell'iniziativa economica privata. Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di soggetti privati che, nell'intraprendere attivita' d'impresa, sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad una certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio gode di una particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art. 3 Cost., ma anche all'art. 41 Cost. In particolare, il legittimo affidamento dell'imprenditore implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative non finiscano per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e gli investimenti sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve assumere su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della situazione di fatto, non puo' dirsi allo stesso modo per le sopravvenienze normative che incidono sulle condizioni economiche stabilite nella convenzione accessiva al rapporto concessorio. Nel caso di specie, se, da un lato, il versamento imposto, pur incidendo significativamente sul sinallagma contrattuale, non appare prima facie violativo del richiamato «principio di proporzionalita'» scolpito nella sentenza n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione in misura fissa e non variabile del contributo imposto, in quanto destinato ad operare a tempo indeterminato, potrebbe potenzialmente produrre un peso insostenibile per gli operatori della filiera ove i margini di redditivita' della stessa dovessero consistentemente ridursi. In altri termini, se con riferimento ai dati del conto economico 2014, il versamento imposto alla ricorrente, pur costituendo un significativo «taglio» alla sua capacita' di reddito, non appare tale da violare il «principio di proporzionalita'» in un'ottica di bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti, non e' possibile escludere che, ove i volumi delle giocate raccolte dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione del versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del volume delle giocate, potrebbe determinare un reale stravolgimento delle condizioni economiche pattuite in convenzione con conseguente eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera. Parimenti irragionevoli e lesive della liberta' di iniziativa economica dell'impresa si rilevano le previsioni, contenute nelle lett. a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della legge di stabilita' per il 2015, secondo cui «ai concessionari e' versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate» e «i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». Tali disposizioni appaiono idonee a riflettersi sulla liberta' contrattuale dei concessionari. Per un verso, infatti, l'obbligo per gli operatori di filiera di versare l'intero ammontare della raccolta del gioco ai concessionari incide autoritativamente sui rapporti negoziali di diritto privato intrattenuti tra i detti soggetti esponendo i concessionari al rischio, non prevedibile ab origine, del mancato adempimento dell'obbligo degli operatori di filiera: mancato adempimento che non farebbe comunque venire meno l'obbligo del concessionario di versare allo Stato, nei termini indicati, l'importo, concernente l'intera filiera, quantificato nell'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015. Per altro verso, l'imposizione di una rinegoziazione dei contratti appare incompatibile con la incomprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale, laddove e' verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione «pro quota» ed «a cascata» dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa. 5. Per tutte le ragioni sopraesposte, il Collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 per violazione degli artt. 3 e 41, primo comma, Cost., sicche' deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.